Mario Jacchia

Avvocato, uno dei fondatori del Partito d’Azione, faceva parte del Comitato di Liberazione Nazionale bolognese, comandante delle formazioni militari dell’Emilia Nord, fu arrestato a Parma durante una riunione mentre favoriva la fuga dei suoi compagni. Torturato e ucciso ricevette la Medaglia d’oro alla memoria.

Alle ore 15 circa, transitava da Piazza Garibaldi l’alta figura di Mario Jacchia, dignitoso, impassibile, circondato dalla sbirraglia fascista. Un tedesco che incontrò il gruppo fa l’atto di colpire il prigioniero col calcio del fucile. Jacchia non si scompone, continua il suo cammino a testa alta, sicuro di rappresentare l’Italia del nuovo risorgimento, un combattente per la democrazia”.

Questa è la storia di Mario Jacchia, ufficiale degli Alpini nella Grande Guerra, vittima delle leggi antiebraiche, tra i fondatori del Partito D’Azione. Durante la Resistenza, è stato comandante militare di tutte le formazioni della Zona Nord dell’Emilia. Catturato a Parma, durante una riunione, mentre incitava i compagni a fuggire, imprigionato e torturato, il suo corpo non è stato mai ritrovato. È medaglia d’oro alla memoria.

Figlio dell’avvocato Eugenio e di Elisabetta Carpi, Mario Jacchia, nasce a Bologna il 2 gennaio del 1896. Il padre, massimo esponente della massoneria bolognese, era riparato nel capoluogo emiliano in seguito all’espulsione da Trieste, da parte dal governo austriaco, per la sua attività irredentista, in concomitanza con l’arresto di Guglielmo Oberdan con cui aveva cospirato in favore dell’Italia.

Mario, ancora liceale, è promotore e protagonista di organizzazioni patriottiche. Convinto interventista, lascia l’università e partecipa, da volontario fra gli alpini, alla Grande guerra, ottenendo il grado di ufficiale e importanti decorazioni al valore. Dopo la smobilitazione, riprende gli studi in giurisprudenza. Attratto inizialmente dal fascismo, se ne allontana in seguito alla bastonatura subita il 28 giugno 1924 dal fratello Luigi che militava in campo antifascista, forse in seguito all’esaltazione che colse i fascisti per l’assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti avvenuto il 10 giugno precedente.  In disprezzo al vecchio avvocato Eugenio Jacchia, i fascisti lasciarono davanti al suo studio, in via d’Azeglio 58, una bara riempita con cimeli e simboli della massoneria.  Il 3 gennaio del 1925, lo studio di avvocato dei Jacchia viene devastato dai fascisti. Giunto sul posto mentre mobili e pratiche sono divorate dal fuoco, Mario Jacchia spara contro gli assalitori.

Per il delitto Matteotti, Mario si dimise dal partito fascista ed una squadraccia andò a bruciargli lo studio: era notte e lui tornava a casa con la moglie. Nascose la moglie dietro le colonne di un portico, affrontò i teppisti comandati da Bonaccorsi con due rivoltelle: fu picchiato a sangue ma riuscì a mettere in fuga i violenti e a spegnere l’incendio appiccato”. Al Commissario di polizia che lo invitava ad andarsene disse:  “Mi lasci fare, sono un decorato di 4 medaglie e non ho paura”.

Dopo questo episodio, Jacchia passa decisamente all’antifascismo. Il 18 luglio 1936 scoppia la guerra civile spagnola che vede fronteggiarsi la Repubblica del Fronte Popolare delle sinistre e le forze di destra del generale Francisco Franco. Da una e dall’altra parte arrivano rinforzi internazionali: a sostegno di Franco, Mussolini manda un contingente di 50.000 uomini del regio esercito, Hitler invia una squadriglia dei suoi nuovi aerei che voleva testare; dall’altra parte, contingenti internazionali di volontari antifascisti a sostegno della Repubblica accorrono in Spagna. Tra loro c’è anche il cugino di Mario, Piero Jacchia; inizialmente, anch’egli fervente fascista, poi volontario antifascista aggregatosi al Battaglione Garibaldi e ucciso da un proiettile in piena fronte il 28 gennaio 1937.

Così Giancarlo Sacerdoti, amico di famiglia, ricorda un episodio svoltosi in un pomeriggio a casa Jacchia a Bologna, che frequentava assiduamente assieme ai genitori. 

“…Il discorso cadde su Piero Jacchia il cugino di Mario, comunista, che era andato a combattere la sua guerra in Spagna ed era morto colà lasciando come unico ricordo un libriccino di poesie e qualche scritto”. “Povero Piero andare a morire lontano dalla patria, dai parenti, dagli amici! Commentava mio padre”. “Caro Titì, (così confidenzialmente Mario chiamava papà fin da quando si conoscevano da ragazzi) morire per la propria idea è un privilegio che gli Dei concedono a pochi. Piero è stato fortunato!” rispose Jacchia. “L’immagine di quel forte amico mi parve grandissima in quella penombra e la frase non fu “retorica”. Gli Dei avrebbero concesso a Mario lo stesso privilegio. Mi ricordai di un poema sugli ebrei marrani bruciati vivi nel 1500 ad Ancona per non aver accettato di abiurare la propria fede e tra questi veniva ricordato il “grande e forte Jacchia”. Mi ricordai, nel buio, di quelle storie di antichi eroi”.

Intanto, a Bologna, Mario Jacchia, per le sue idee ormai apertamente antifasciste affronta una serie di traversie burocratiche e di persecuzioni amministrative. 

All’inizio del 1943 aderisce al Partito d’Azione. È amico e compagno di Massenzio Masia, capo spirituale di quel Partito in Emilia, ed è anche amico e compagno dell’altro militante antifascista bolognese di famiglia ebraica, Mario Finzi.

L’8 settembre è a Roma dove, a Porta San Paolo, partecipa agli scontri con l’esercito tedesco che avanzava sulla città. Rientrato a Bologna, è il primo rappresentante del Partito d’Azione all’interno del Comitato di Liberazione Nazionale-CLN bolognese. Ai primi del 1944 lascia questo incarico politico per assumerne altri di carattere militare. Con il nome di battaglia “Rossini”, gli affidano il comando militare di tutte le forze partigiane del nord Emilia. Nel luglio del 1944 prende il comando della delegazione di Parma con giurisdizione sulle province di Reggio Emilia, Piacenza, Parma, Modena, divenendo l’instancabile animatore del movimento. Si prodiga con tutte le sue energie per organizzare e potenziare le formazioni che ben presto si accrescono fino a diventare decine di brigate partigiane.

Il 3 agosto 1944 si trova a Parma in via Parmigianino, nella sede del comando, insieme con altri tre partigiani. Alle 14,30 la casa viene circondata dalle brigate nere per ordine del federale Romualdi. Messi in allarme, i 4 fuggono attraverso i tetti, ma Mario, ricordando che nella stanza erano rimaste carte importanti, ritorna indietro per distruggerle. Mentre è intento a bruciare i documenti, la polizia irrompe nell’appartamento e lo arresta.

Consegnato all’autorità tedesca di Parma, è rinchiuso in un edificio di fronte alle carceri di Petitò, dove il giorno dopo viene imprigionato anche il dirigente comunista Giorgio Amendola che fa parte del comando militare generale delle Brigate Garibaldi. E che non è, per fortuna, riconosciuto come tale. 

Ecco che cosa scrive Amendola a proposito di quegli stessi giorni dei primi di agosto del 1944:

“…ad un certo punto Suardi [Emilio detto Rino] arrivò tutto trafelato e impolverato. Si era salvato per un pelo dall’arresto: la casa del comando dove abitava Jacchia era stata circondata e le SS erano salite per procedere all’arresto. Allarmati in tempo, erano fuggiti da una finestra che dava sui tetti. Ma all’ultimo momento, Jacchia era tornato indietro per tentare di portare in salvo delle carte. “Vai avanti aveva detto”. Ma non era più tornato. Rino era passato sul tetto di un’altra casa poi si era lasciato scivolare lungo un tubo e si era dato alla fuga nel dedalo delle stradine. Sicuro di non essere seguito era giunto finalmente alla casa di Giacchetti. L’arresto di Jacchia era un colpo duro. Per circondare la casa le SS dovevano essere ben informate. Che cosa avrebbero trovato nelle carte lasciate nell’abitazione? Era necessario prendere delle misure di sicurezza…”

L’indomani, Amendola aveva fissato un appuntamento alle otto a Porta S. Lazzaro con Cesare Campioli e, racconta nel suo libro “Lettere a Milano”:

“…ad un certo punto, mentre camminavo tutto tranquillo lungo il viale della Circonvallazione, vidi Campioli venire avanti con la bicicletta, Giacchetti con le mani alzate e dietro a loro due SS con i mitra imbracciati ed una macchina tedesca con altra gente a bordo. Fu per me una doccia fredda. Non potevo svoltare perché, in quel punto del viale, non c’erano traverse vicine, non potevo fare dietro-front senza attirare l’attenzione dei tedeschi. Dovevo sforzarmi di continuare ad avanzare tranquillo…” “…vidi arrivare , a passo di corsa, i due SS. Mi afferrarono e mi spinsero verso l’automobile, dove fui cacciato con la valigia. Inutili le mie proteste indignate. Ci portarono davanti al Petitò, in un palazzo dove aveva sede il comando delle SS e della polizia tedesca…” “…Non fummo perquisiti… Mi chiesero le generalità… Poi fui spinto in uno scantinato e messo in una cantina dove c’era una branda…” “…cominciò l’attesa, lunga, pesante, tormentata dalla rabbia di essermi fatto prendere come un imbecille… La sera l’attesa divenne più drammatica… Poi vidi trascinare giù per le scale una persona che si reggeva a stento in piedi, la camicia macchiata di sangue un occhio pesto e la faccia tumefatta. Dall’aspetto riconobbi l’avvocato Jacchia, il Rossini contro il quale avevo così animosamente e polemicamente scritto nella lettera precedente. Adesso stavamo assieme in mano al nemico e l’unità politica acquistava un nuovo significato per le nostre persone, diventava solidarietà umana.”

“… Qualche ora più tardi nel corso della notte fui chiamato e portato al piano superiore per essere a mia volta interrogato. C’era un ufficiale tedesco che parlava un ottimo italiano. Mi chiese se ero l’avvocato Re, un avvocato romano, e se avevo avuto, alle otto di mattina del giorno ormai trascorso, un appuntamento alla porta San Lazzaro con l’avvocato Rossini. Io risposi negativamente, dissi di essere effettivamente un avvocato ma di Napoli e di chiamarmi Montefredini e non Re. Doveva esserci un equivoco…Assunsi l’atteggiamento di un cittadino indignato che aveva le carte in regola e che chiedeva la verifica dell’esattezza delle sue affermazioni.

L’ufficiale pareva colpito dalla mia sicurezza…Ad un certo punto mi fece vedere un’agenda nella quale era scritto alla pagina che portava il 2 agosto “ore 8, alla porta San Lazzaro, avvocato Re, romano”. Questa agenda l’aveva trovata nell’appartamento di Rossini, mi disse, che era un capo partigiano. “…Fui riaccompagnato in basso e poco dopo, il solito toscano venne a dirmi di stare tranquillo, che avevo fatto un’ottima impressione e che gli avevano detto di comparare per me tutto quello di cui avevo bisogno. Anche Campioli e Giacchetti non furono toccati. Chi subì un terribile trattamento fu Jacchia che vidi riportare in basso dopo gli interrogatori, sempre più dolorante. L’ultima volta era trascinato giù per le scale perché non si reggeva in piedi. Poi non lo vidi più. Come è finito? …Forse fui io l’ultimo a vederlo vivo, anche se in quelle condizioni”… “Fui liberato il 16 agosto”.

Il comando partigiano propose, in verità, uno scambio con alti ufficiali tedeschi, ma inutilmente. Verso la fine di agosto, Jacchia fu portato via in segreto da Parma, e di lui non si ebbero più notizie.

La sua fine fece enorme impressione negli ambienti antifascisti, che non lo dimenticarono. A guerra finita, per iniziativa del vice comandante militare del Corpo Volontari della Libertà, Ferruccio Parri, la presidenza del Consiglio dei Ministri gli conferì il 10 novembre del 1949 la medaglia d’oro alla memoria. Lettere ammirate e affettuose giunsero alla vedova, lapidi furono apposte nel 1949 sull’edificio dove abitò e lavorò, in via d’Azeglio 58 e nel Palazzo di Giustizia di Bologna, a cura del Consiglio dell’Ordine Forense.

Mario Jacchia in divisa

Gli ufficiali del Berico a Monte Cesen alla vigilia di Vittorio Veneto

Palazzo Rolli sede del Comando della Polizia di Sicurezza germanica

Lapide apposta al Palazzo di giustizia di Bologna

Motivazioni della medaglia d’oro al valor militare concessa a Mario Jacchia

Targa sull’abitazione di Pietro Jacchia a Bologna

Ritratto di Mario Jacchia in divisa

Concessione della medaglia d’oro al valor militare a Mario Jacchia

Glossario

Auschwitz

Luogo in Polonia dove sorse il campo di sterminio per gli ebrei di tutta l’Europa occidentale, dotato di impianti sia di assassinio tramite gas velenoso e sia di smaltimento dei cadaveri. Auschwitz fu anche campo di punizione per oppositori politici e per prigionieri di guerra russi del cosiddetto Terzo Reich

Bolzano

Luogo dove sorse il campo di polizia e transito per prigionieri, ivi rinchiusi per punizione, o in attesa di deportazione verso Auschwitz, se ebrei, o verso i campi di concentramento della Germania nazista, se oppositori politici

Brigate Autonome

Formazioni militari della Resistenza organizzate su base non partitica facenti riferimento al cosiddetto Regno del Sud impersonato da Vittorio Emanuele III e dal generale Pietro Badoglio, Primo ministro dopo l’arresto di Mussolini

Brigate Fiamme Verdi

Formazioni militari della Resistenza organizzate su iniziativa del partito della Democrazia Cristiana, particolarmente attive in Lombardia

Brigate Garibaldi

Formazioni militari della Resistenza organizzate su iniziativa del Partito Comunista Italiano facenti riferimento al CLN

Brigate GL (Giustizia e Libertà)

Formazioni militari della Resistenza organizzate su iniziativa del Partito d’Azione facenti riferimento al CLN

Brigate Matteotti

Formazioni militari della Resistenza organizzate su iniziativa del Partito Socialista Italiano facenti riferimento al CLN

Brigate Osoppo

Formazioni militari della Resistenza organizzate su base pluripartitica, con prevalenza del partito della Democrazia Cristiana, particolarmente attive nel Friuli-Venezia Giulia

CLN (Comitato di Liberazione Nazionale)

Organo centrale politico di direzione della Resistenza contro il fascismo e il nazismo costituito dai partiti antifascisti

CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia)

Organo centrale politico della Resistenza contro il fascismo e il nazismo, creato dopo la liberazione di Roma e pertinente solo alle regioni settentrionali d’Italia

CVL (Corpo Volontari della Libertà)

Struttura militare di coordinamento della Resistenza, operativa dal 9 giugno 1944, con sede a Milano e facente riferimento al CLN

DELASEM (Delegazione Assistenza Emigranti)

Organizzazione di assistenza ebraica in favore dei profughi ebrei, creata nel 1939 dall’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, passata in clandestinità dopo l’8 settembre 1943

FMCR (Fronte Militare Clandestino della Resistenza)

Struttura militare che raccoglieva ufficiali e soldati del regio esercito sbandati dopo l’8 settembre 1943, guidati dal colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo, una delle vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944

Fossoli

Luogo nel circondario della città di Carpi dove sorse il campo di polizia e di transito per ebrei destinati ad essere deportati verso Auschwitz. Fu anche il campo per prigionieri politici destinati ad essere deportati nei campi di concentramento della Germania nazista

Fronte della gioventù

Organizzazione giovanile della Resistenza su base interpartitica progettata da Eugenio Curiel, coadiuvato da Gillo Pontecorvo

Gruppi di Difesa della Donna GDD

Formazione interpartitica di donne resistenti, costituita a Milano nel novembre del 1943

Gruppi di combattimento

Unità militari dell’esercito cobelligerante italiano attive al fianco degli Alleati e nate dalla riorganizzazione del regio esercito scompaginato l’8 settembre del 1943

JOINT (Jewish Joint Distribution Committee)

Organizzazione di soccorso ebraica statunitense che inviava fondi nell’Europa occupata dalla Germania nazista per soccorrere ebrei in pericolo

Linea Gotica

Seconda linea fortificata per la difesa delle armate tedesche, che tagliava l’Italia per traverso da Massa Carrara sul mare Tirreno a Rimini sul mare Adriatico. A Nord: i tedeschi, a sud gli Alleati che avanzavano

Linea Gustav

Prima linea fortificata per la difesa delle armate tedesche che tagliava in due l’Italia. La linea andava dal Mar Tirreno al Mar Adriatico iniziando dal confine tra Campania e Lazio fino a Ortona. Fu disposta da Hitler il 4 ottobre 1943

Organizzazione TODT

Ente di costruzione di ponti e trincee che operò dapprima in Germania e, in seguito, in ogni Paese occupato dalla Germania nazista. Todt è il cognome dell’iniziatore dell’ente

OSS (Office of Strategic Services)

Servizi segreti statunitensi operanti nel periodo della seconda guerra mondiale nei territori nemici

PCI

Partito Comunista Italiano facente parte del CLN e, più tardi, anche del CLNAI

PdA

Partito d’Azione facente parte del CLN e, più tardi, anche del CLNAI

PLI

Partito liberale Italiano facente parte del CLN e, più tardi anche del CLNAI

PSI

Partito Socialista Italiano facente parte del CLN e, più tardi anche del CLNAI

Ricompart

Riconoscimento qualifiche per le ricompense ai partigiani, fondo documentario conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato

Risiera di San Sabba

Sorto a Trieste, fu campo di polizia e di transito per ebrei arrestati nell’Italia nord-orientale destinati ad Auschwitz; fu anche campo di prigionia per oppositori politici della Venezia Euganea, della Venezia Giulia e della Slovenia

RSI

Repubblica Sociale Italiana. Stato fantoccio collaborazionista con la Germania nazista, esistito nell’Italia centrosettentrionale dal settembre del 1943 all’aprile del 1945. La sua capitale era Salò sul Lago di Garda, la sua guida era Benito Mussolini

SIM

Servizio Informazioni Militari

SOE

Special Operations Executive (servizi segreti britannici operanti nel periodo della II guerra mondiale)

Zona d’Operazione Litorale Adriatico

Territorio staccato amministrativamente dall’Italia e annesso al cosiddetto Reich tedesco, corrispondente alle province di: Udine, Gorizia, Trieste, Pola e Fiume (oggi Croazia) e di Lubiana (oggi Slovenia)

Zona d’Operazione Prealpi

Territorio staccato amministrativamente dall’Italia e annesso al cosiddetto Reich tedesco, corrispondente alle province di: Trento, Bolzano e Belluno