
Raffaele Jona
Ingegnere di Torino, durante la Resistenza fu il collegamento tra gli Alleati in Svizzera, l’Ambasciata d’Italia a Berna e il Governo provvisorio nell’Italia meridionale, operando soprattutto in Valle d’Aosta.
“Minuto, modesto, parco di parola, quasi sbiadito e incerto in mezzo alla gente: così appariva negli incontri fugaci. Ma era una forza che con volontà indomabile realizzava i suoi disegni; aveva una sicurezza interna che lo sosteneva senza tentennamenti, enorme coraggio e una dedizione agli altri che gli facevano affrontare le imprese più eroiche come semplici atti quotidiani”. Così all’indomani della morte, sul giornale dell’ebraismo torinese «Ha Keillah», Lia Corinaldi descriveva Raffaele Jona.
Raffaele Jona, ingegnere a Torino si assunse, durante la Resistenza, numerosi impegni che lo portarono a valicare, con gli sci ai piedi per ben 14 volte, in meno di venti mesi, i confini delle Alpi.
Operò, ai più alti livelli per perfezionare cooperazione militare con i maquis francesi; per ottenere dagli Alleati lanci e finanziamenti per la resistenza piemontese; per sventare tentativi di occupazione della Valle d’Aosta da parte della Francia di De Gaulle; per salvaguardare gli impianti industriali ed idroelettrici.
Inoltre, Jona, assieme al suo compagno ebreo partigiano, aderente come lui al Partito d’Azione, Cesare Artom, concepì l’idea dei prelievi di merci e vettovaglie per i partigiani, ma dietro dichiarazione che questo debito sarebbe stato pagato, a guerra finita, dalle autorità italiane, con la garanzia del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia-CLNAI e degli Alleati. L’obiettivo era di ottenere l’autorizzazione da parte del Governo italiano del Sud a emettere buoni convertibili in denaro, a guerra ultimata.
Jona e Artom rimasero in Val di Lanzo fino al marzo del 1944. Quando furono scatenati i grandi rastrellamenti tedeschi, si spostarono in Val d’Aosta per organizzarvi formazioni di Giustizia e Libertà.
A metà maggio del 1944, Jona incontrò a Valtournenche, un altro resistente ebreo, Giulio Colombo, che lavorava nella missione alleata “Glass e Cross” destinata a far confluire, attraverso i valichi alpini, grosse somme di denaro alla resistenza italiana. Colombo lo introdusse presso il servizio informazioni americano OSS, attivo in Svizzera.
In Svizzera, Jona poté incontrare Allen Dulles capo dell’OSS e ottenere lanci di munizioni e rifornimenti per la Val d’Aosta.
Il Comitato di Liberazione Nazionale CLN-Torino apprezzò la sua opera e lo incaricò di assumere ufficialmente il collegamento tra sé stesso, gli Alleati in Svizzera, l’Ambasciata d’Italia a Berna, il Governo provvisorio nell’Italia meridionale. Jona fu poi delegato del CLN anche per conto della Val d’Aosta.
Il problema principale che assillava Jona, così come anche l’azionista valdostano, lo storico Federico Chabod, era di ottenere dal Governo italiano, garanti gli Alleati, l’autonomia amministrativa della Valle d’Aosta. A tale scopo e contro le mire annessionistiche francesi, il 17 settembre 1944, Jona partì per la Svizzera, accompagnato da Artom, per avviare i colloqui ai più alti livelli e salvare all’Italia la Valle d’Aosta.
Jona e Artom mossero mari e monti per il loro disegno, mentre il ministro degli esteri italiano, Visconti Venosta, mostrava scarso interesse per la faccenda. Nel frattempo, Chabod firmò a Valtournenche un proclama anti annessionista. Anche Parri si mosse, su istanza di Jona, mentre Artom e Duccio Galimberti stilarono una relazione per il Governo del Sud e il comando supremo alleato.
In uno dei suoi viaggi in Svizzera, si occupò anche dell’altra parte dei suoi obbiettivi: ottenere finanziamento per la lotta, i partigiani piemontesi erano ormai 45.000. Silvio lavorerà per le due cause insieme. Finalmente, il 26 ottobre 1944, a Roma già liberata, il Ministro Magistrati, chiese al governo italiano di poter garantire un prestito che sarebbe stato anticipato da un istituto bancario di Torino. Un mese più tardi, sarà in grado di autorizzare ufficialmente il CLN di Torino a contrarre prestiti sino a un tetto di 50 milioni.
Quanto alla missione per mantenere all’Italia la Val d’Aosta, il 19 novembre, Jona stesso stese una memoria storica su quel territorio e sulle correnti annessionistiche alla Francia. Il “libro bianco” ottenne, il 16 dicembre 1944, dal Presidente del consiglio Bonomi, finalmente, un solenne e pubblico proclama ai valdostani di impegno del governo italiano a sancire la loro autonomia.
Nel novembre 1944, Raffaele Jona iniziò un’altra importante missione, quella di prendere in consegna denaro fornitogli dalla Delasem in Svizzera, proveniente dall’organizzazione di soccorso American Jewish Joint Distribution Committe, più nota come Joint. Questo denaro, portato clandestinamente in Italia a mano, doveva servire ad alleviare le difficoltà di ebrei passati nella clandestinità e bisognosi di aiuto.
Jona seppe creare una rete di “agenti segreti” da lui chiamati fiduciari, incaricati di ricercare persone atterrite e nascoste sotto mentite spoglie, impoverite e timorose di uscire allo scoperto e portare loro soccorso in denaro. Data la pericolosità dell’impresa in un’atmosfera crudele e pullulante di spie, ogni agente non si denominava con il proprio nome ma con un numero che partiva dal 550 in avanti. Il fiduciario n.551 era il suo generoso amico Gino Giuganino, titolare di una fabbrica di candele che conosceva, grazie al suo lavoro, tante parrocchie e conventi che potevano ospitare persone bisognose di protezione.
Il fiduciario n.552 era Lia Corinaldi che così racconta:
“per gli appuntamenti con Jona, rispettavamo le prudenti regole della clandestinità ed evitavamo lo scambio di informazioni non necessarie. Erano incontri pericolosi per entrambi. Ci incontravamo per la strada, ad una fermata di tram o altro”.
Il fiduciario n.554 era Giorgina Segre che così ha testimoniato: “mia cugina, Lia Corinald, mi chiese se sarei stata disposta ad occuparmi anche di assistenza agli ebrei nascosti. Così mi accompagnò a casa di Giuganino e mi presentò l’ingegner Jona che, allora, non sapevo chi fosse. Lui ci dava le direttive. Io operavo come meglio potevo a Torino, servendomi della mia esperienza assistenziale per partigiani e detenuti politici, svolta anche da mio fratello Bruno Segre, partigiano nel cuneese dove eravamo sfollati. Qui avemmo modo di raggiungere un certo numero di ebrei che sapevamo nascosti nelle vallate. Lia a Torino mi procurava le carte d’identità false dopo che io le avevo consegnato le fotografie degli interessati, l’ing Jona il denaro, io portavo tutto ciò a chi ne aveva bisogno in città o in montagna.”
Talvolta, i fiduciari captavano informazioni utili come quella volta che il n.551 avvertì che agenti fascisti erano alla ricerca dell’organizzazione Delasem:
“Agenti fascisti si sono messi in circolazione con documenti testificanti una loro identità con cognome ebraico e presentandosi in luoghi dove ritengono che vi siano nascosti ebrei si spacciano per apportatori di aiuti allo scopo di trarre qualcuno in inganno.”
I soccorritori, che divennero presto una rete, registrarono le somme distribuite talvolta su miseri foglietti, talvolta li tennero a memoria per non compromettersi, e li consegnavano a Jona che, a sua volta, ne faceva relazioni da consegnare in Svizzera ai mandanti. Si tratta di somme importanti che recarono ai perseguitati non solo sollievo materiale ma soprattutto sollievo morale. Dalle relazioni stese da Jona si deduce che almeno 300 persone furono soccorse durante la loro clandestinità in Piemonte.
Ma l’impegno di Jona in ambito civile e in ambito ebraico continuò, fu più volte assessore al comune di Ivrea e, tra il maggio e il dicembre 1945, fu nominato vicecommissario prefettizio della ricostituita Comunità ebraica di Torino, di cui divenne il primo vicepresidente eletto. Dal 1946 fu, per una decina d’anni, anche consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Un’altra avventura lo vide impegnato a Milano, tra il 1965 e il 1980, come Presidente del Centro di documentazione ebraica contemporanea. Anche in questa impresa Jona lasciò il segno indelebile della sua lunga passione politica e civile. Morì a Ivrea il 7 novembre 1980.
Tessera personale rilasciata dal CLN di Raffaele Jona
Breuil in Valtournanche
Delibera della Commissione regionale piemontese per la qualifica di partigiano di Raffaele Jona, 26 agosto 1946

