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Enzo Sereni
Negli anni ’20 l' ideale sionista lo aveva condotto alla vita nel kibbutz in Palestina. La guerra e la tragedia degli ebrei d’Europa lo riportarono in Italia come volontario dell’esercito britannico
Enzo Sereni nacque a Roma il 17 aprile 1905, rampollo di una famiglia ebraica della buona borghesia intellettuale romana, era il secondo figlio di Samuele Sereni, medico di casa reale e di Alfonsa Pontecorvo. I suoi due fratelli erano Enrico, divenuto da adulto docente all’università di Napoli in fisiologia e direttore dell’acquario di Napoli e Emilio, divenuto più tardi uno dei più importanti militanti del Partito Comunista. I giovani Sereni conoscevano il movimento sionista internazionale, teso alla ricostruzione di una patria per gli ebrei del mondo, nella sua declinazione di sionismo socialista del lavoro. Enrico, in viaggio di piacere a Vienna, venne a sapere che a Karlsbad in Cecoslovacchia si sarebbe svolto il XII congresso sionistico. Decise di parteciparvi e rimase sedotto dalle questioni discusse. Enzo partecipò nel 1923 a quello successivo.
Nel 1924 si svolse a Livorno un convegno nazionale della gioventù ebraica e Enzo, che ne era uno dei relatori, parlò appassionatamente del tema “La Palestina e noi” affermando che il futuro della vita ebraica non poteva essere altro che nella terra dei padri, Eretz Israel, e che la gioventù ebraica doveva “proletarizzarsi” e generare una nuova società a partire dal contatto fisico con la terra. Il suo pensiero, espresso nell’intenso epistolario svoltosi dal 1926 al 1943 con il fratello Emilio e nella sua opera “Le origini del fascismo italiano” riferisce di un continuo dialogo fra conflitto sociale e costruzione dell’identità nazionale ispirandosi alle idee mazziniane. Enzo vedeva il Risorgimento italiano come rivoluzione mancata e la rigenerazione del popolo ebraico come occasione da non mancare.
Il fratello di mezzo, Emanuele (alias Mimmo o Uriello o Massetto nelle lettere), inizialmente, seguì Enzo nelle sue idee, tanto da iscriversi nel 1926 all’Istituto Superiore di agricoltura di Portici per poter emigrare in Eretz Israel, assieme al fratello, con cognizioni di agronomia. Si allontanò poi dall’idea sionista e abbracciò nel 1928, il marxismo ortodosso, idea che difenderà tutta la vita e che lo separerà, dolorosamente, dal fratello.
Enzo, intanto, dopo la laurea e il servizio militare, nel 1927, realizzò la sua utopia emigrando in Terra d’Israele con la moglie, Ada Ascarelli, deciso a fare l’operaio agricolo. Nei primi mesi, raccoglierà arance negli aranceti di Rehovot. Rendeva partecipi della sua nuova esperienza gli ebrei d’Italia attraverso una rubrica sul settimanale Israel dal titolo “Lettere da Eretz Israel”.
Nel 1928 Enzo e Ada, assieme ad un gruppo di amici, fondarono, dal nulla, su una landa desertica e brulla il kibbutz Ghivat Brenner, Hanna, nata a Roma e la nuova sorellina, Agar, erano gli unici bambini dell’insediamento agricolo socialista. Non c’era acqua non c’era nulla, ma una gran voglia dei giovani di provare a se stessi e al mondo che avrebbero potuto farcela. Enzo fu il primo a concepire il kibbutz come una grande comunità non di decine, ma di centinaia, forse di migliaia di persone, un grande villaggio collettivista fondato non soltanto sull’agricoltura, ma anche, se possibile, sull’industria, cosa che era, allora, assolutamente impensabile. Era il grande sogno socialista che si realizzava, senza violenza, senza costrizioni.
Enzo si diede da fare per comperare i terreni attorno, raccogliendo denari presso parenti e amici in Italia, si occupava della gestione del kibbutz dal punto di vista economico, tecnico e dal punto di vista dell’accoglienza di nuovi gruppi di giovani che vi arrivano numerosi da tutta Europa. L’idea della rigenerazione ebraica attraverso il lavoro della terra e della realizzazione dei principi socialisti attraverso il lavoro agricolo collettivizzato aveva bisogno di essere propagandato e organizzato anche all’estero per conquistare sempre nuovi adepti.
Nel 1931, anno anche della tragica morte del fratello maggiore Enrico, l’Agenzia ebraica, il governo ombra funzionante nella Palestina mandataria, chiese a Sereni di partire in missione in Germania per propagandare l’idea sionista. Là gli ebrei, alla vigilia della tragedia, erano tanti e ben organizzati e inconsapevoli di ciò che sarebbe accaduto. Enzo operò per la fusione, l’organizzazione e il potenziamento dei movimenti giovanili sionistici e la loro preparazione al lavoro in Eretz Israel.
Con la salita al potere di Hitler, questa attività divenne di capitale importanza e l’ opera di Sereni si fece illegale. Nel 1936 venne mandato in missione anche negli Stati Uniti. Nel biennio 1938-1939 tornò in Eretz Israel per occuparsi del suo kibbutz, partecipò alla creazione di nuove strutture organizzative ed educative per la gioventù ebraica, accolse e aiutò gli ebrei d’Italia che iniziavano ad affluire dopo l’emanazione delle leggi anti-ebraiche del fascismo.
Nel 1940, a guerra già iniziata, l’Agenzia ebraica rimandò Enzo -pacifista e desideroso solo di far progredire i suoi ideali -, prima in Europa e poi in Egitto, dove avrà il compito, attraverso la radio e la redazione de “Il Corriere d’Italia”, di fare propaganda antifascista tra gli italiani che vi risiedevano e che erano stati internati dagli inglesi come sudditi nemici. Nel 1942 venne mandato in Irak con il compito di favorire l’immigrazione illegale verso Eretz Israel. Israele non era ancora uno Stato indipendente, ma soggetto dal 1920 al Mandato Britannico sulla Palestina, formula attivata dopo la “Grande Guerra” per designare la ridistribuzione geografica dei territori appartenenti all’ex Impero Ottomano sconfitto.
Nel gennaio del 1944, Sereni tenne il suo ultimo discorso pubblico facendo appello all’unità del movimento kibbutzistico a seguito della catastrofe dell’ebraismo europeo che imponeva di “fare presto, presto, presto…”. Nel marzo del 1944 partì per l’Italia per la sua ultima missione. L’Agenzia ebraica, fin dal 1942, aveva proposto al governo inglese l’organizzazione di un commando di volontari ebrei palestinesi immigrati dai Paesi europei occupati dalla Germania nazista, da paracadutare per cercare di aiutare gli ebrei locali. Il piano a lungo fu rifiutato, ma accettato nel 1943. I candidati furono addestrati dal SOE lo Special Operations Executive, l’organizzazione segreta britannica con basi al Cairo, Algeri e, in un secondo tempo, anche a Brindisi e Bari. Questa addestrava agenti di madrelingua italiana da lanciare o da far sbarcare con sommergibili e motoscafi sulle coste, talvolta con radio ricetrasmittenti. Il loro compito consisteva nel collaborare con la resistenza e i gruppi partigiani e addestrare volontari decisi a disturbare ovunque gli invasori nazisti, danneggiando strade, ferrovie, linee di telecomunicazione, distribuendo armi, munizioni ed esplosivi. Mentre si trovava nel campo di addestramento di Bari, Sereni andò a visitare un gruppo di neofiti ebrei a San Nicandro di Puglia.
Nel quadro delle operazioni del SOE (Special Operations Executive), ebrei volontari venuti dalla Terra d’Israele furono addestrati e paracadutati. Per l’Italia, c’era anche Enzo Sereni. Ecco l’ultima lettera che Enzo indirizzò dalla base britannica “ai suoi maestri”, i leader del Partito Laburista Palestinese ebraico: ”E’ giunta per me l’ora di andare al Nord e voglio inviarvi i miei saluti. Vado con la speranza di riuscire a fare qualche cosa per il mio popolo e per lo sforzo contro Hitler. Spero di rivedervi presto e se no Shalom a tutti quanti voi e grazie per tutto ciò che avete fatto per me nella vita, per la luce che io vedo attraverso la vostra luce…”.
Sereni e un suo collega italiano, un altro agente del SOE, Lorenzo Rosselli Del Turco, erano destinati ad atterrare in un appezzamento nei pressi di Ferrara. Per errore del pilota, i due resistenti furono fatti scendere nelle campagne di Moggiona di Arezzo dove vennero avvistati da militari tedeschi di stanza sulla linea gotica, arrestati e imprigionati per interrogatorio nelle carceri di Verona.
Il compagno di Sereni si salvò, Sereni fu invece internato nel campo di Bolzano in attesa di essere deportato. Là fu visto da Vittore Bocchetta, detenuto per attività antifascista ed egli stesso trasferito assieme ad altri 20 compagni dal carcere di Verona per essere deportato più tardi verso il campo di concentramento di Flossenbürg.
Così Bocchetta descrive i ragazzi dei servizi segreti inglesi di origini italiane catturati, facenti parte dell’esercito alleato:” … sono sei giovani eccezionali, sei campioni di umanità, dotati di quelle virtù che sembrano predestinate a guidare i popoli. Forti, sani, belli e colti, parlano ognuno non meno di quattro lingue. Sono votati alla morte e sono venuti dal mare per liberare la nostra gente (cinque sono italiani) (…) Altri sono caduti dal cielo, questi sono arrivati dal mare, ma sono stati scoperti. Due sono fiorentini, Ballerini e Cristini, uno è romano, Uccella, questo è Baldanello veneziano e quello è Teagno torinese. Il sesto [Sereni] più attempato, sulla quarantina, indossa l’uniforme di maggiore dell’esercito inglese, viene da Tel Aviv, è ebreo e non ci dice il suo nome; mostra di non conoscere l’italiano, ma si esprime in latino con Viviani e con me”
Enzo Sereni, sotto lo pseudonimo di Shmuel Barda, giunto nel campo di Dachau il 9 ottobre 1944, dopo un breve periodo di lavoro forzato nel sottocampo di Mühldorf fu portato alle celle per interrogatorio il 17 novembre 1944 e non ne uscì più vivo., il suo certificato di morte porta la data del 18 novembre 1944.
Altri sei ebrei, agenti del SOE paracadutati in altri Paesi invasi con lo stesso compito, recare sollievo agli ebrei locali braccati, furono catturati e giustiziati.
[ndr: testo aggiornato ad agosto 2024]
Riferimenti bibliografici
Clara Urquhart, Peter Ludwig Brent, Enzo Sereni. A Hero of Our Times, Robert Hale Limited, London 1967
Scritti in memoria di Enzo Sereni. Saggi sull’ebraismo italiano, a cura di Daniel Carpi, Attilio Milano, Umberto Nahon, Fondazione Sally Mayer, Gerusalemme 1970
Per non morire. Enzo Sereni: vita, scritti, testimonianze, a cura di Umberto Nahon, Federazione Sionistica, Milano 1973
Clara Sereni, Il gioco dei regni, Giunti, Firenze 1993.
Enzo Sereni, Le origini del fascismo, a cura di Yacob Viterbo, La Nuova Italia, Firenze 1998 (tradotto dall’originale ebraico)
Enzo Sereni, Sereni Emilio, Politica e utopia. Lettere 1926-1943, a cura di David Bidussa, Maria Grazia Meriggi, La Nuova Italia, Firenze 2000
Liliana Picciotto, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia 1943-1945. Ricerca della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Mursia, Milano 2002
Ruth Bondy, Enzo Sereni, L’emissario, Le Château, Aosta 2012
Enzo Sereni si era arruolato nel corpo dei volontari palestinesi dell’esercito britannico agli inizi del 1944. In missione in Italia, venne catturato dai tedeschi nel mese di maggio. Ai primi di ottobre fu deportato nel campo di Dachau dove morì fucilato il 18 novembre 1944
Alla fine degli anni ’20, Enzo Sereni fu tra i fondatori del Kibbutz Ghivat Brenner, in Palestina
Enzo Sereni nel 1934 a Potsdam, durante una delle sue missioni in Germania per conto dell’Agenzia ebraica
Nel 1940, in una lunga lettera a Guido Lopez, Sereni scriveva del ruolo preminente dell’educazione della gioventù ebraica, nella creazione di una “nuova società” e di “una nuova vita” ebraica in Eretz Israel