Enzo Sereni

Enzo Sereni

Negli anni ’20 l' ideale sionista lo aveva condotto alla vita nel kibbutz in Palestina. La guerra e la tragedia degli ebrei d’Europa lo riportarono in Italia come volontario dell’esercito britannico

Enzo Sereni era nato a Roma il 17 aprile 1905, figlio di Samuele e Alfonsina Pontecorvo. 

Enzo era il secondo dei tre fratelli Sereni: Enrico era il primogenito mentre Emilio era il minore. 

I Sereni erano una delle più antiche famiglie di Roma, di solide tradizioni ebraiche e di principi liberali. Samuele Sereni era medico, e nella lista dei suoi pazienti romani figuravano anche i membri di casa Savoja. Quanto ai Pontecorvo, erano una grande famiglia di origini toscane che già agli inizi del secolo basava le sue sostanze su una fiorente industria di tessuti. 

Enrico, Enzo ed Emilio dunque erano cresciuti in un ambiente famigliare benestante, colto, stimolante da tutti i punti di vista.

Dopo la Grande guerra – per la quale Enrico si era arruolato volontario – tutti e tre i fratelli Sereni si avvicinarono al sionismo, nella sua declinazione socialista laburista. Le cronache dell’epoca ci dicono che nel 1921 Enrico era a fianco della delegazione della Federazione Sionistica Italiana al Congresso sionistico internazionale di Karlsbad, mentre Enzo partecipò al Congresso successivo, quello del 1923, sempre a Karlsbad. 

Enzo in particolare sembrava voler fare del sionismo un vero e proprio progetto di vita. 

Era convinto che la gioventù ebraica dovesse “proletarizzarsi” e generare una nuova società in Palestina, nella Terra dei Padri, a partire dal contatto diretto e concreto con la terra. Di qui, sosteneva, la necessità di emigrare.   

“Per noi però, ripetiamo, salvezza di vita ebraica non c’è che in Erez Israel: al di fuori c’è menzogna e errore; anche se minima, necessaria transazione: fuori della Palestina non c’è possibilità di vita ebraica libera. Il popolo ebraico, la giovinezza ebraica deve abbandonare la diaspora e accettare il suo duro ma necessario compito in Palestina. Uno dei nostri capi ha detto una volta che siamo una generazione dell’esodo e le generazioni dell’esodo anche quando toccano la terra promessa vi arrivano col cuore straziato e col corpo affranto. Non andiamo in Palestina ad addormentarci, non andiamo a quietare le ansie del nostro cuore in una vita idilliaca, non andiamo a cercare, […], la pace. Oppure si, cerchiamo la pace, ma quella di cui dice la Bibbia, che si fa nei cieli dopo le tempeste. Andiamo in Palestina per avere una libera vita ebraica, con tutte le gioie, con tutti i dolori degli uomini. Dei corpi, forse, anzi certo, delle anime, in questo terribile lavoro di adattamento, si consumeranno. Andiamo coscienti che questo sacrificio deve essere compiuto”.

Terminati gli studi in filosofia con Enzo Bonaiuti e prestato il servizio di leva, Enzo Sereni nel 1927 era pronto a compiere il grande passo. Anche il fratello più giovane, Emilio, si preparava al medesimo percorso: ne era talmente convinto che aveva intrapreso gli studi in agronomia all’istituto superiore di agricoltura di Portici, così da essere preparato alla vita da agricoltore che lo aspettava in Palestina. Il corso delle cose, e l’adesione sempre più convinta alle teorie del marxismo, portarono però Emilio, nel giro di breve tempo, ad una completa revisione di quei piani e ad un progressivo quanto doloroso allontanamento sia dall’idea sionista che dal fratello Enzo. 

Enzo lasciò Roma nel 1927. Aveva ventidue anni, già si era sposato con Ada Ascarelli; aveva già anche una figlia di pochi mesi, Hanna.  

Mentre Hanna rimase ancora per qualche mese a Roma con i nonni Sereni, Enzo e Ada giunti in Palestina si stabilirono in un piccolo kibbutz di Rehovot, alle porte di Tel Aviv.  Enzo “ricominciò” da haluzt – ovvero da pioniere – lavorando negli agrumeti proprio di Rehovot.  

Sereni incarnava la figura di halutz intellettuale: il lavoro nei campi si accompagnava costantemente alla riflessione, anche sul concetto stesso di kibbutz. Per Sereni il kibbutz andava inteso come una grande comunità di lavoro, agricolo e industriale, basata su un’economia di tipo collettivistico. Fu proprio con questa idea che, già nel 1928, con l’aiuto finanziario di parenti ed amici in Italia, Enzo Sereni acquistò i terreni attorno al piccolo kibbutz di Rehovot dando vita a “Ghivat Brenner”. Quel nuovo Kibbutz, voluto e intitolato da Sereni alla memoria dello scrittore operaio Joseph Brenner, divenne presto non solo una grande comunità di lavoro, ma anche luogo di accoglienza per i molti halutzim provenienti in quel periodo da tutta Europa. 

La necessità di alimentare costantemente l’idea della rigenerazione ebraica attraverso il lavoro della terra, i principi del socialismo e del lavoro agricolo collettivizzato, spingevano Enzo Sereni ad attività anche di tipo propagandistico. Per esempio, teneva una rubrica dal titolo “Lettere da Eretz Israel”, sul settimanale ebraico Israel: era un modo da un lato per rendere partecipi gli ebrei in Italia della sua nuova vita di halutz, dall’altro di continuare a diffondere le idee del sionismo. Con gli stessi obiettivi, negli anni ‘30 e fino ai primi anni ‘40, Enzo Sereni lavorò per l’Agenzia ebraica – l’organizzazione sionista che si occupava dell’immigrazione e dell’insediamento degli ebrei nella Palestina mandataria. Fu inviato in missione in Germania, negli Stati Uniti e poi di nuovo nell’ Europa, ormai in guerra, e in Egitto. In Egitto in particolare la propaganda sionista si univa per Sereni ad un’intensa campagna antifascista che svolgeva sia attraverso le trasmissioni radio sia attraverso giornali come il “Corriere d’Italia”, diffuso anche fra gli italiani prigionieri nei campi di internamento inglesi. 

Nel 1942, nell’Irak amministrato dagli inglesi, Sereni organizzava l’immigrazione ebraica clandestina verso la Palestina. Ma erano l’Europa e gli ebrei d’Europa che, in quel momento, imponevano a tutti di “fare presto, presto, presto…” come disse Sereni in un accorato discorso agli esponenti del movimento kibbutztico. 

Fu con questa consapevolezza ed urgenza che nel 1944 Enzo Sereni entrò nel corpo dei volontari palestinesi dell’esercito britannico. 

Venne inviato a Bari nel gennaio del 1944. Qui venne addestrato dallo Special Operations Executive dei servizi segreti inglesi, a tutte quelle operazioni che potevano supportare i partigiani nella lotta contro l’occupazione nazista – distribuzione di armi e munizioni, interruzione delle telecomunicazioni e delle vie di collegamento fra una località e l’altra – ponti, strade, ferrovie…

Dopo quattro mesi di addestramento Sereni era pronto per la sua prima missione. Prima della partenza, consapevole del pericolo a cui andava incontro rivolse un saluto “ai suoi maestri” del Partito Laburista Palestinese ebraico: 

“È giunta per me l’ora di andare al Nord e voglio inviarvi i miei saluti. Vado con la speranza di riuscire a fare qualche cosa per il mio popolo e per lo sforzo contro Hitler. Spero di rivedervi presto e se no Shalom a tutti quanti voi e grazie per tutto ciò che avete fatto per me nella vita, per la luce che io vedo attraverso la vostra luce…”.

Il giorno della missione al “Nord” era fissato per il 15 maggio 1944. Enzo Sereni, sotto il falso nome di Shmuel Barda, doveva essere paracadutato a Ferrara. Ma gli eventi presero una piega diversa: per un errore del pilota, Enzo finì letteralmente fra le braccia dei tedeschi, nel territorio di Maggiona di Lucca, sulla linea gotica. 

Venne immediatamente arrestato. 

Fu condotto nel carcere di Verona come prigioniero di guerra, e poi trasferito nel campo di Bolzano dove rimase fino ai primi di ottobre. Con Sereni si trovavano almeno sei altri giovani dei servizi segreti inglesi, tutti italiani di origine. L’antifascista Vittore Bocchetta che li incontrò durante la detenzione li descrisse come:

sei giovani eccezionali, sei campioni di umanità, dotati di quelle virtù che sembrano predestinate a guidare i popoli. Forti, sani, belli e colti, parlano ognuno non meno di quattro lingue. Sono votati alla morte e sono venuti dal mare per liberare la nostra gente (cinque sono italiani) (…) Altri sono caduti dal cielo, questi sono arrivati dal mare, ma sono stati scoperti. Due sono fiorentini, Ballerini e Cristini, uno è romano, Uccella, questo è Baldanello veneziano e quello è Teagno torinese. Il sesto [Sereni] più attempato, sulla quarantina, indossa l’uniforme di maggiore dell’esercito inglese, viene da Tel Aviv, è ebreo e non ci dice il suo nome; mostra di non conoscere l’italiano, ma si esprime in latino con Viviani e con me”

Il 9 ottobre 1944 Enzo Sereni fu deportato nel campo di Dachau. Qui, dopo circa un mese di prigionia, venne interrogato e poi, il 18 novembre 1944, fucilato.

 

Riferimenti bibliografici

Clara Urquhart, Peter Ludwig Brent, Enzo Sereni. A Hero of Our Times, Robert Hale Limited, London 1967

Scritti in memoria di Enzo Sereni. Saggi sull’ebraismo italiano, a cura di Daniel Carpi, Attilio Milano, Umberto Nahon, Fondazione Sally Mayer, Gerusalemme 1970

Per non morire. Enzo Sereni: vita, scritti, testimonianze, a cura di Umberto Nahon, Federazione Sionistica, Milano 1973

Clara Sereni, Il gioco dei regni, Giunti, Firenze 1993.

Enzo Sereni, Le origini del fascismo, a cura di Yacob Viterbo, La Nuova Italia, Firenze 1998 (tradotto dall’originale ebraico)

Enzo Sereni, Sereni Emilio, Politica e utopia. Lettere 1926-1943, a cura di David Bidussa, Maria Grazia Meriggi, La Nuova Italia, Firenze 2000

Liliana Picciotto, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall’Italia 1943-1945. Ricerca della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, Mursia, Milano 2002

Ruth Bondy, Enzo Sereni, L’emissario, Le Château, Aosta 2012

Enzo Sereni si era  arruolato nel corpo dei volontari palestinesi dell’esercito britannico agli inizi del 1944. In missione in Italia, venne catturato dai tedeschi nel mese di maggio. Ai primi di ottobre fu deportato nel campo di Dachau dove morì fucilato il 18 novembre 1944

Alla fine degli anni ’20,  Enzo Sereni fu tra i fondatori del Kibbutz Ghivat Brenner, in Palestina

Enzo Sereni nel 1939 pubblicò in lingua  ebraica il volume “Le origini del fascismo italiano” 

 In Italia la traduzione de “Le origini del fascismo” di Enzo Sereni fu curata da Yacob Viterbo  

Al Convegno nazionale della Gioventù Ebraica di Livorno del 1924, Enzo Sereni sostenne la necessità, per la gioventù ebraica, di generare una nuova società in Palestina, basata sul ritorno al lavoro della terra

Enzo Sereni nel 1934 a Potsdam, durante una delle sue missioni in Germania per conto dell’Agenzia ebraica 

Giovani Halutzim, pionieri, impegnati nel lavoro della terra in Palestina 

“Lettere da Eretz Israel”  era la rubrica del settimana Israel con cui Enzo Sereni  rendeva partecipi gli ebrei italiani della sua nuova vita di halutz in Palestina 

Nel 1940, in una lunga lettera a Guido Lopez,  Sereni scriveva del ruolo preminente  dell’educazione della gioventù ebraica, nella creazione di una “nuova società” e di “una nuova vita” ebraica in Eretz Israel